Leptospirosi: fattori di rischio

Un recente studio (Veterinary Sciences, 2023, 10, 186) condotto in Portogallo (paese non molto
diverso per condizioni climatiche dall’Italia) identifica la Leptospirosi come la seconda causa di
ospedalizzazione in animali sospetti di malattie infettive, individuando diversi fattori di rischio:

  • L’età media dei soggetti infetti è compresa tra 2 e 10 anni, con una mediana di 6 anni.
  • i maschi, intatti, di razza sono i soggetti maggiormente rappresentati. Il maggior rischio è associato alla maggiore tendenza dei maschi interi ad annusare e leccare le urine di altri cani. Il  fatto che siano maggiormente rappresentati i cani di razza sembra essere associato alla maggior  cura riservata dai proprietari ad essi.
  • I periodi nei quali si registrano più casi sono autunno, inverno e primavera, con un picco nel mese di marzo, mentre in agosto gli autori non registrano alcun caso. Il caldo e l’umido possono favorire il diffondersi della malattia, così come le condizioni che permettono la persistenza sulle strade delle urine e la possibilità di contaminazione di acque stagnanti che possono essere ingerite dai cani.
  • Non in tutti i paesi esiste l’obbligo di denuncia. Laddove esistente, questo orientamento legislativo “allunga” i tempi di ricovero dei pazienti infetti da 5-7 giorni a 8-10, probabilmente perché l’obbligo di denuncia incoraggia l’ospedalizzazione dei cani infetti.

Diagnosi
La diagnosi può essere difficile per la molteplicità di forme cliniche in cui si può presentare:
sintomatiche asintomatiche o paucisintomatiche, dipendentemente dal tipo di parassita infettante e dalla risposta immunitaria del soggetto. L’infezione subacuta con disfunzione epatiche e renali è la manifestazione clinica più frequente, ma esistono forme paucisintomatiche di non facile diagnosi. La leptospirosi non è una malattia ad esito mortale: la percentuale di sopravvivenza è pari a circa il 50% dei casi. La disponibilità di emodialisi fa aumentare l’indice di sopravvivenza all’80% dei casi. Gli autori utilizzano per la diagnosi l’IFAT, con conferma, se necessario, tramite PCR su sangue e/o urine. L’IFAT è un metodo rapido ed altamente sensibile, per cui una negatività consente di escludere l’esistenza della malattia. Essendo anche relativamente poco specifica, nel caso di una bassa positività o della mancanza dei segni clinici caratteristici della malattia, è necessario confermare la diagnosi tramite più dosaggi anticorpali e/o tramite altri metodi diagnostici (PCR su siero e/o urine nella fase acuta. Passata tale fase anche a PCR può dare falsi negativi). La tecnica di siero agglutinazione (MAT) è più specifica, ma anche essa non è ritenuta sensibile/specifica al 100% per tutti i sierotipi esistenti (falsi negativi). La vaccinazione interferisce con il rilevamento degli anticorpi, ma i titoli vaccinali sono generalmente bassi e di poca durata: in genere inferiore ai 3-6 mesi. Di ausilio diagnostico sono la CRP, che aumenta molto in caso di infezione, il QPE, ed un profilo epato-renale.
Da segnalare infine che gli autori non trovano differenze statistiche significative tra cani vaccinati e non, per quanto i due gruppi (vaccinati e non) non sono statisticamente omogenei. In Italia la Leptospirosi è una malattia soggetta a denuncia. In caso di sospetto, si suggerisce di eseguire la ricerca degli anticorpi, IgG ed IgM insieme al dosaggio della CRP, QPE ed un profilo epato/renale. In genere uno o due dosaggi sono sufficienti per la diagnosi
Profilo suggerito:
Dosaggio IgG/IgM; QPE, GOT, GPT, GGT; Urea, Crea, Bilirubina totale, CRP.